Il nostro Consigliere Giuseppe Adriani, amante del mare e da sempre attento all’ambiente, ha voluto condividere con noi una sua considerazione a proposito della popolazione, o meglio “spopolazione” del nostro mare
Un po’ di attenzione!: è ciò che vi chiedono le numerose specie marine con cui per tradizione consolidata siamo abituati ad interagire, per lo più a fini gastronomici. In pratica il mare è da secoli una enorme dispensa di cibo, non sempre facile da reperire per l’uomo (anche) rivierasco, a parte i molluschi che popolavano (uso anche qui il passato) le scogliere.
Abbiamo già parlato delle Patelle e delle “Granite” ovvero di quelle chiocciole adattate a pascolare sull’erbino del bagnasciuga. Lente, incapaci di nascondersi, facili prede per una zuppetta assai saporita.
Ma anche i granchi (i famosi “Favolli” dalle dimensioni cospicue, dalla carne soda e saporita) di varie specie, che giocavano a far capolino dalle tane improvvisate. Appena ci si spingeva un po’ più in là (dotati di maschera o di uno “specchio” dalla barca) a pochi metri di fondo, specialmente in primavera, ecco comparire tra i ciuffi di Posidonia le maestose Margherite; dalle zampe assurdamente lunghe, i movimenti un po’ scoordinati, comunque facili prede per chi sapeva come muoversi. Ottime nel sugo, anche meglio delle più rare e costose Aragoste.
E poi, non appena si scorgeva una piccola anomalia del fondo, tra due gusci di conchiglie appoggiati quasi per caso, ecco che il tentacolo del Polpo faceva la sua apparizione. Occhi vigili, livrea mimetica, capace di assumere ogni possibile tessitura del fondale. Uno straccio bianco, la zampa di pollo (una scoperta locale), ma anche la nostra stessa mano rappresentavano un richiamo irresistibile; in pratica la sua grande intelligenza e curiosità lo trasformavano in un involontario suicida. Altra zuppa, magari con aggiunta di “pimentina”, chicchi di pepe, foglia di alloro e fetta di pane abbrustolito…
Se poi ci avventuravamo nelle stesse insenature a notte fonda, con l’ausilio di una scenografica lampara o più banale torcia elettrica, il “bottino” di pesci anche pregiati, oltre ai molluschi, era garantito. In un paio di ore di pesca “a frega” con la fiocina (e con l’occhio di un esperto che impara a compensare la rifrazione dell’acqua) si rimediava un incredibile, coloratissimo cesto di seppie, polpi, scorfani, triglie, etc. Un carniere più che sufficiente a sfamare una famiglia.
Un mare spopolato
Ebbene tutto ciò è storia del passato, purtroppo recente; di fatto oggi non esiste più nulla di ciò nel mare che ci circonda. Non parlo del litorale della costa, di fatto asservito da decenni a “balneazione permanente” per la sua configurazione fisica con lunghe spiagge sabbiose, povere di anfratti e rifugi. Mi riferisco proprio alla nostra costa insulare, in cui scogli e franate di massi, ossigenate da correnti talvolta impetuose, da sempre hanno ospitato una fauna variegata. Se oggi indossate una maschera e nuotate in superficie (scansando le eventuali meduse) osserverete un deserto liquido; tra i ciuffi di Posidonia (che ancora resiste per fortuna), poche Castagnole ondeggiano assieme a qualche minuscola Salpa. I Polpi? E chi li vede più! Predati da sempre ed ora letteralmente sterminati da una incredibile quantità di nasse (non più oggetti banali di giunco intrecciato, ma vere trappole tecnologiche in cui il cefalopode rimane prigioniero a vita) che vengono calate ovunque anche a profondità cospicue, impedendo di fatto la riproduzione degli adulti. Ma anche tutte le altre specie ittiche costiere sono di fatto estinte.
Non solo allarmismo!
Non si tratta di “allarmismo” bensì di una semplice constatazione; dobbiamo tenere sempre presente che le specie pelagiche (ovvero quei pesci che abitano l’alto mare e che si riproducono lontano dalle coste, predoni per vocazione) in qualche modo se la cavano. Ma le specie che hanno bisogno di un substrato su cui deporre le uova (tane o rifugi) richiedono una pausa nella continua, inesorabile predazione umana. Un attimo di “respiro” necessario a concedere l’opportunità di riprodursi; un po’ come delle galline, a cui se continuamente rimuovete il nido sarà difficile che depositino le uova per poi far nascere pulcini etc.
Concetti banali, assodati per il nostro mondo terrestre ma sembra impossibili da applicare in mare!
Il pesce selvaggio è in via di estinzione, lo affermano tutti gli esperti con grande cognizione di causa. Vogliamo prenderne atto ed agire di conseguenza, in maniera responsabile, oppure ci accontentiamo di avere a disposizione una sterile “grande piscina di acqua salata” su cui scorrazzare con le nostre imbarcazioni, lieti di cenare alla sera con uno strano “surrogato” - purché pesce sia - di provenienza oscura?!
“Popi” Adriani – Luglio 2024