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Uomo a mare!

Storia a lieto fine per un nostro Socio caduto in mare durante la traversata dalla Corsica all’Elba

Quante volte al momento della partenza del traghetto per Portoferraio, abbiamo ascoltato in maniera annoiata la comunicazione “se vedete un uomo in mare a dritta, oppure…” relegando tale eventualità tra le ipotesi assurde? Ebbene talvolta lo sguardo distratto di un turista che dal parapetto di una nave scruta l'orizzonte può contribuire a salvare una vita!
Vi raccontiamo la vicenda a lieto fine di un nostro Socio per provare a trarne qualche utile insegnamento. Proviamo a riavvolgere la pellicola; siamo a fine agosto e “Pippo” - un nome di fantasia - aveva deciso di rientrare al termine delle ferie dalla Corsica verso Marciana assieme alla moglie. Un tratto di mare conosciuto e condizioni meteo favorevoli promettevano una navigazione tranquilla, appena disturbata da una leggera traversia di Scirocco.
Pippo decide di scendere dal flying bridge nel pozzetto per dirigersi verso prua: pochi passi nel corridoio laterale che il nostro amico ha sempre percorso “ad occhi chiusi” stavolta creano uno scherzo quasi fatale. Questione di un attimo e Pippo finisce in mare; ci mette pochi istanti a riprendere fiato girandosi ad osservare con non poca sorpresa la barca che si sta allontanando seguendo la rotta impostata dal pilota automatico. Urlare serve a poco, le onde del fastidioso Scirocco rendono difficile la visibilità. Poco dopo la moglie salita sul flying deserto capisce che è successo qualcosa di grave. Sebbene la velocità non sia elevata la distanza dal punto di caduta aumenta in fretta. Prontamente prende i razzi di segnalazione ne spara una sequenza di tre. Una vela di grandi dimensioni che fa rotta nelle vicinanze li rileva, si avvicina e una brava skipper accostando riesce a saltare a bordo. Sempre più lontano, Pippo osserva tra il saliscendi delle onde la barca che inverte la rotta, “sono salvo” pensa tra sé.

La presenza di una compagnia amica a bordo rinfranca la signora nell’evolversi della disavventura.  Un amico in Italia allertato da una telefonata da bordo, assieme al messaggio lanciato sul Canale 16 VHF, crea un ponte per l'allarme generale tramite il soccorso a mare della Gendarmerie. Si alzano in volo due elicotteri “SAR” per la ricerca e salvataggio. Uno dei soccorritori riesce a calarsi sulla prua della barca e dà inizio alle procedure di routine, come da protocollo. Nel frattempo partendo dal punto nave “MOB” stimato si organizza una ricerca a vista con i transetti paralleli che dal cielo esplorano il mare increspato dal vento di Sud/Est.
Pippo nel frattempo nuota a rana in scioltezza fermandosi ogni tanto per prendere fiato e rilassare i muscoli del collo. Respirare in mare in tali frangenti senza un boccaglio non è banale; il tempo passa, la sua fiducia nella salvezza non cede ma la corrente in realtà lo sta spostando molto fuori rotta rispetto alle strategie di ricerca impostate dalla Gendarmerie. Gli elicotteri passano abbastanza vicini ma non lo individuano; un bel due alberi a vela è quasi a portata di voce, ma il mare increspato è nemico della visibilità. Il tempo trascorre, siamo nel primo pomeriggio ormai.

Finalmente di lontano la prua imponente di un traghetto si materializza ad una velocità inconsueta, diciamo più lenta del solito. Infatti la procedura “uomo disperso in mare” prevede che tutti i natanti che incrociano nelle acque interessate riducano la velocità a circa 10 nodi per facilitare l'eventuale avvistamento. Pippo dopo oltre 5 ore “a mollo” si rianima; è un uomo esperto di apnea e di mare in generale, prova a fare due conti e nuotando cerca di intercettare la rotta del gigante che si avvicina. Vede distintamente il personale in plancia, mentre gli sfila di fronte senza nessuna reazione, quando dalla balaustra lassù scorge una figura; il naufrago caccia un urlo come solo nei momenti di vera disperazione, e l'uomo ha un sussulto. Si gira, scompare, poi torna di nuovo e si riaffaccia… la nave procede nella sua lenta ma inesorabile corsa, ed ecco che appare la poppa con diversi passeggeri che, oziando, osservano l’orizzonte. Finalmente in molti lo scorgono e si scatena una vivace concitazione a bordo di quel gigante che rappresenta la salvezza. Qualcuno lancia un salvagente, mentre la nave inizia la sua fermata e, invertita la rotta, procede a ritroso per il soccorso. L'elicottero ha finalmente un target preciso ed in pochi minuti un “salvatore” si tuffa dall’alto per assisterlo. Qualche inevitabile movimento maldestro, poi l’imbracatura per sollevarlo e sollevare dall'angoscia chi lontano alcune miglia riceve notizie di rimbalzo. Da lì in poi si dipana la sequenza con le cure in ospedale, i ringraziamenti, la gioia. Gli amici sbigottiti al Circolo che tirano un sospirone…

Perché vi raccontiamo questa storia finita nelle cronache estive? Perché tra di noi Soci e amici che assai spesso usciamo per mare, è importante non dimenticare le regole scritte e non, in merito alla navigazione. Specie se “d’altura”. Ovvero quando la costa diventa un profilo sfuocato e le probabilità di trovare un’altra imbarcazione che ci possa trarre d’impaccio da eventuali avarie diventano meno probabili. L’esperienza a lieto fine di Pippo può servirci per ricordare di “stare attenti”. Le operazioni più banali, col mare mosso, diventano difficoltose. E il mare da calmo, liscio come l’olio ci mette poco, in caso di temporali, a diventare turbolento, impedendo di mantenere la giusta lucidità. In effetti la caduta in mare può succedere; se si è soli a bordo (ma il codice della navigazione lo proibirebbe) la faccenda è davvero molto grave, con risvolti che possono essere drammatici. Sarebbe quindi raccomandabile munirsi almeno di uno di quei piccoli giubbetti gonfiabili automatici di minimo ingombro, sempre più diffusi. Oggi esistono anche orologi dotati di transponder GPS per cui il nostro “punto” in acqua diviene immediatamente disponibile per chi deve cercarci. Per i motori fuoribordo ci sono dei semplici sensori o “braccialetti” che, in caso di caduta a mare, spengono automaticamente i propulsori.
In tutti i casi, oltre alle dotazioni obbligatorie prendiamo confidenza con il nostro VHF: la radio (specie Can. 16) garantisce una sorveglianza quasi costante da parte dei professionisti. Mentre gli onnipresenti “smartphone” responsabili di non poche distrazioni, lontani dai ripetitori costieri sono del tutto inutili per lanciare un allarme.

 

Popi - Settembre 2025

 

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